Un calvario spirituale.

L'osservatorio dei mass media ha un valore puramente di cronaca : date, fatti, episodi. Sul piano dei valori è generalmente superficiale perchè difficilmente, e comunque in modo sporadico e breve , al massimo con l'indice per lo scoop, si addentra nei valori umani, particolari : le sottolineature sono sempre per la platealità di un comportamento, mai, ad esempio per un silenzio o una sofferenza patita appunto senza parole. La vita di Antognoni è invece ricca di questi valori sconosciuti, mai messi in vetrina, sicché il personaggio non raggiunge mai una dimensione di identità completa, resta come un'opera incompiuta. E' inattaccabile la notorietà della sua scelta di Firenze ad ogni costo, anche con rimesse non indifferenti sul piano economico e della carriera stessa. La FIORENTINA ERA POVERA , MA BELLA CON LUI. E lui era come indifeso rispetto al sistema. Un calvario , ad esempio, la chiamata in nazionale dopo Bernardini che fu uomo al di sopra delle "parti"e l'unico in grado di resistere alle pressioni "politiche " delle scelte. Anche Bearzot, tuttavia, ha avuto un grande coraggio ad insistere con la maglia azzurra per Antognoni nello schema iuventino che lo escludeva di fatto dal giuoco : le triangolazioni, ad esempio avvenivano in partenza sull'asse Causio-Bettega con l'Antognoni sempre servitore e mai servito. Antognoni gli fu riconoscente ed una volta ebbe a dichiarare " Bearzot un grande amico ed estimatore. Mi ha tenuto in squadra anche quando le cose non andavano,le critiche erano spietate,e tutti premevano perchè fossi escluso". Bearzot, con l'onestà intellettuale che contraddistingue i friulani , è vero, riuscì a non sentire le campagne strumentali anti Antognoni di tutta la stampa del nord anche non propriamente sportiva. Il torto di Giacarlo era ( e lo è ancor oggi in una valutazione storica dei fatti) quello di aver scelto Firenze resistendo alle lusinghe torinesi e milanesi : ben altra cosa sarebbe stata la sua vita se avesse scelto la maglia della Juve, dell'Inter e del Milan. D'altra parte altri due grandi centrocampisti sono stati sacrificati sull'altare di questa logica, cioè Juliano e Bulgarelli per non parlare di Pecci ( appartenevano nell'ordine al Napoli, al Bologna e al Bologna-Torino). Storia ancora più recente la questione di Mancini , il più grande centrocampista degli anni 90 , portato alla ribalta sia pur breve della maglia azzurra con Vicini.
In nazionale debuttò, dunque, a Rotterdam il 20 novembre del 1974 grazie a Bernardini : Zoff, Rocca, Roggi, Orlandini, Morini, Zecchini, Causio, Juliano, Boninsegna, Antognoni, Anastasi.
In nazionale Antognoni ha giuocato 73 partite e segnato 7 gol ( veramente pochi per le sue capacità,del resto anche nella Fiorentina non è riuscito a sfruttare la sua potenzialità - e si sa perchè, cioè perchè la squadra era debole e si avvaleva di lui in gran parte per difendersi e meno per attaccare - con questo ruolino : 342 partite giuocate dal 1972 al 1984-con 56 gol fatti).
Dunque chi era Antognoni sul piano della struttura morale e spirituale non è poi molto noto:
ma Raffaello Paloscia , con grande acutezza, nell'articolo del 26 aprile 1986 per rispondere alla domanda "quale è stata la partita più bella della sua carriera" postagli dagli amici della "Nazione" rivela : " Allo stadio Giants a New York il 5 giugno del 1983 Antognoni giuocò in due ruoli diversi, il primo come centrocampista offensivo ,il secondo (con l'arretramento di Pecci a battitore libero)come regista arretrato. Giocò alla grande in entrambi i ruoli : un dirigente del Cosmos , pubblicamente, gli offrì un contratto favoloso per farlo restare negli Usa. Al microfono Antognoni disse " No, grazie, resto a Firenze".
Quel "resto a Firenze" aveva tanti significati : attaccamento ai colori viola,fatto noto, ma anche scelta vita , di avventure evitate, di attaccamento alla famiglia, ai figli da non trapiantare in altra vita, con culture diverse. Non è mai stato Antognoni avventuroso per se stesso, ma sempre ancorato ad un sano realismo delle sue convinzioni : rinunciando a guadagni fastosi, ritenendosi fortunato anche nelle disgrazie, non forzando mai il rapporto
vita-pallone muovendosi con un sano pragmatismo per concretizzare una spiritualità di pensiero rispetto al divenire per essere sempre se stesso.
Dopo la frattura della gamba del 1984 la carriera di Giancarlo, malgrado sofferenza, sacrifici , speranze travagliate da una delusione finale, rotola verso la sua f ine: cambiano gli allenatori, i compagni di squadra, ma non l'affetto dei fiorentini nei suoi confronti che lo sostengono e ne capiscono il dramma. Non così la dirigenza viola che lo ha liquidato nella "memoria" approfittando anche di un allenatore Aldo Agroppi che nel rapporto con Antognoni tradisce la sua stessa natura e sensibilità di uomo , dimentico delle sofferenze per la sua stessa carriera . Nel carattere Agroppi è un "anti-divo" : non capisce Antognoni e forse non lo conosce rimettendosi al quel clichè di un'immagine che nasce dall'effimera e strumentale valutazione della stampa nazionale che non l'ha mai accettato come un campione che tale era. Va ricordato che un telecronista della Rai, Ennio Vitanza, arriva a definirlo neanche un giuocatore di calcio ( poi invierà una lettera di scuse, ricredendosi proprio sul valore ): e il ravvedimento onesto del giornalista avviene proprio scoprendo le sue capacità di sofferenza, di abnegazione, di volontà.Ma anche un'altra grande firma del giornalismo sportivo, Giammaria Gazzaniga, passò dalla parte degli estimatori dopo averlo conosciuto, fuori dal campo : anzi fu un assiduo frequentatore della "casa "Antognoni , sempre aperta ad amici e non. Le doti umane stavano alla base del rapporto con il suo prossimo, qualunque esso fosse. Ha sempre sostenuto che non bisogna mai negarsi , ai tifosi e agli sportivi che sono la linfa genuina e ai quali ogni calciatore deve tutto. Lo stesso discorso vale per la stampa anche quando i commenti sono scomodi, addirittura invenzioni :
bisogna capire,cercare il colloquio,farsi conoscere per" quelli che siamo, mai nascondersi se si è puliti,trasparenti come è in genere chi fa sport ". Anche questo serve a spiegare , a distanza di tanti anni, il "mito" che resiste rispetto a tanti altri personaggi famosi e spariti dalla attualità.
Questo incidente tiene Antognoni lontano dal calcio più del previsto anche a causa di diagnosi e cure riabilitative non sempre risultate esatte : vi sono addiritura penose pellegrinazioni tra specialisti vari. La frattura era stata brutta con scheggiature alla tibia e toccherà ad un primario di Torino trovare la soluzione migliore con un "gambaletto speciale" : una specia di tortura medioevale, a basa di tiranti a martinetto che avrebbero dovuto ( come in realtà fu) restituire l'aspetto primitivo all'osso e quindi con la gamba tornata normale. Non si realizzò bene il programma , ma Antognoni si sottopose alla dolorosissima terapia con grande coraggio e soprattutto con grane spirito di sopportabilità proprio perchè voleva forzare i tempi del rientro. E' stato questo il momento più sofferto proprio sul piano del rapporto con Agroppi che non capì e non venne nemmeno aiutato a capire : ormai i Pontello avevano
"mollato" idealmente Antognoni. Il "vecchio" Pontello scandalizzò la tribuna stampa più di una volta dopo il rientro in squadra dicendo " noi siano in dieci" , oppure " giuochiamo con uno zoppo".
Con la scusa delle non perfette condizioni e della prematurità del rientro il ritorno di Antognoni in squadra veniva sempre rinviato da Agroppi probabilmente d'accordo con la dirigenza : si creò una frattura tra l'allenatore e la tifoseria . Incomprensioni nate perchè il buon senso venne buttato alle ortiche. Giancarlo Antognoni era il cuore della Fiorentina, un simbolo anche di fedeltà e di attaccamento ai colori sociali e soprattutto un'immagine della sfrtuna da battere, il bisogno diu una solidarietà da offrire in modo partecipativo: Antognoni era lo "spirito" che ripagava di tante amarezze, delusioni, incomprensioni : la gente avverte e sta in feeling spontaneo con l'uomo istintivamente scelto a modello. Una situazione carismatica non compresa: e chi cerca di abbattere un carisma perde : come pèrse Agroppi più tardi persero anche i Pontello scivolati definitivamente sulla questione Baggio nell'anno 90.