Attenti ai bambini......

di marcello giannini

"Bisogna fare attenzione, non sono giovani, sono bambini : ed è quella l'età in cui le cose che si fanno potranno piacerci o dispiacerci in seguito. E' l'età dei sogni ,non va sciupata neanche col il giuoco del calcio che deve restare un giuoco per sognare come tutte le altre cose . Guai ad esasperare questi sogni con una realtà che smette di essere un giuoco. Non si deve illudere, ma neanche demolire un sogno nell'età dove tutto è possibile.....Si fanno giuocare i bambini, non i ragazzi, Si incomincia a sei anni, si badi bene, c'è già il carico di una responsabilità come quella della scuola , non si possono trasformare i giuochi dell'infanzia in altri carichi di responsabilità..."
Giancarlo Antognoni imparò da Nereo Rocco a farsi spigliato con giacca,camicia e cravatta, anche se la sua eleganza sta sempre nella figura e nel comportamento. Un tecnico sudamericano a Coverciano parlando della sua eleganza calcistica e tecnica disse che non perdeva mai lo stile neanche quando cadeva durante il giuoco. Ed è vero, ma questa giacca scura con tanto di cravatta in tinta, lo fa dirigente rampante ,ma col piglio sportivo, come deve essere, parrebbe una stonatura se fosse diversamente. Le cose che dice in risposta a domande precise sulla questione dei "giovani, anzi dei bambini e del calcio scuola" non sono improvvisate, ma filtrate dall'esperienza e dalle responsabilità professionali. E in più sa di essere una "bandiera "uscita alta da tante battaglie esistenziali. Fino da bambino, appunto, da poter far incominciare il racconto proprio come Collodi rese celebre .
"C'era una volta..."
Sì, c'era una volta, appunto, un bambino prodigio in quel di Marsciano a Perugia che tra aie e polli e galline e altri animali da cortile faceva impazzire tutti con quel magico tocco su palle e palloncini ricavati con tutti i mezzi possibili. Non si poteva dire che sgambettasse, no, se ne andava trotterellando armonico , ora spingendo, ora arretrando, palla al piede, sbattuta e ribattuta contro tutto che la potesse far rimbalzare. Compresi alberi da centrare.
Quel bambino filava coi rossoneri, com'era il babbo, verso i sei anni, quando gestiva il bar del club milanista in quel di Perugia , con tanto di campo di calcio annesso e dove il ragazzino giuocava ,si divertiva, divertiva e incantava. Giuocava in assoluta libertà, senza paure di sbagliare, guardando i grandi, imitando i bravi, provando e riprovando da solo finche..."
Qui potrebbe finire e, anzi, finisce la storia perché questo è proprio il punto. Dice Antognoni :
"Guai se non fosse stato così. Guai se a quell'età io avessi dovuto soffrire l'apprendimento duro che invece mi fu utile dopo i quattordici anni. Ad Asti, perché io andai via da casa, da quella lontana provincia perugina, proprio a quattordici anni con la voglia della mamma e del babbo nella valigia. I ragazzi-bambini non possono essere privati delle cose della loro età. Soprattutto della libertà di essere quello che sono quando giuocano e sognano,così come quando leggono e vedono a loro modo le cose che la lettura descrive, e anche quando ascoltano, mamma,babbo,maestra,amico, istruttore... ascoltano e traducono a modo loro per lo modo, anzi, le cose che vengono dette. La disciplina interviene poi, e deve essere un correttivo invitante,stimolante, non deprimente".
- Ma il problema è proprio delle società, specialmente quelle professionistiche,tu lo sai bene, i vivai incominciano in culla..."
Lui sorride con una venatura amara sulla battuta, ma non si scompone, tira fuori quel grande talento che sta nel suo spirito, e suggella un " Ma no, io sono ottimista, i vivai prima nascevano - si dice - per le strade,marciapiedi o prati di periferia. Se ti guardi attorno vedrai, anche vicino alla stadio viola, ragazzi che sciamano, pallone al piede, tra alberi e larghi marciapiede. Eppure ci sono tante società dilettantesche che hanno calcio scuola e vivai : dove i ragazzi vanno e vengono. Il problema esiste , forse proprio nell'ambito della organizzazione, dove gli istruttori dovrebbero essere qualificati non solo per tecnica calcistica, ma proprio per la cosiddetta "animazione sportiva" che riguarda i bambini. Ci vorrebbero dei veri e propri maestri con la giusta preparazione pari a quella degli asili, delle elementari. Forse il nodo è proprio questo : il calcio, come gli altri sport, dovrebbero partire dalla scuola per completarsi poi fuori, come succede in tutte le cose della vita.Io credo che sia giunto il tempo in cui anche la politica debba appropriarsi di questo problema che non è solo educativo, ma preventivo per la salute fisica e morale"
-Eppure vi sono società , grandi società, che cercano il campione al di sotto dei dodici anni, al limite della scuola media, e con trucchi e accorgimenti vari "opzionano"dei bambini. E nelle scuole calcio si "bruciano" i tempi esasperando l'apprendimento della tecnica individuale e soprattutto la tattica : sui moduli addirittura delle nazionali di calcio, alla Sacchi e alla Maldini per restare in casa..."
" Sì, può essere, se ne dicono tante, d'altra parte basta che tu interroghi i miei colleghi del calcio dei bambini, e tu sai come pensano Castelletti,Milan,Mazzoni... "
Il problema è sentito, il discorso poi cade sui genitori, sul rapporto genitori-società, e scotta ancora il punto più amaro : ognuno ha il proprio punto di riferimento e chi viene invece trascurato è proprio lui, il ragazzo, il bambino.
" Certo - finisce poi con l'ammettere Antognoni - bello sarebbe che il
meglio potesse essere scoperto dove nasce e lì restare per crescere fino all'età della scelta. Nei dintorni di casa sua".
Il tono è quello filtrato dalla memoria con il mescolarsi delle campagne diverse, quelle dell'astigiano e quelle più verdi della sua Umbria. Altri tempi, forse, ma neanche tanto lontani anche se un bambino resta sempre un bambino e non importa se le cronache oggi ci proiettano immagini di bambini "killer": e proprio per guarire da queste patologie sociali bisogna imparare a rispettare sempre e dovunque il bambino facendole restare un bambinosulla strada dell'apprendimento in una condizione sociale giusta ed appropriata.
"Per questo - conclude Antognoni - il problema va affrontato nel suo giusto ambito, quello di una politica preposta naturalmente nel quadro generale della educazione attraverso la scuola capace di comprendere tutte le articolazioni per far crescere i bambini con lo sport a giuste dosi . I campioni salterebbero fuori lo stesso e sarebbero forse migliori".
- Tu ci credi?
- Io ci spero : non mi sono dimenticato la sofferenza e i rischi corsi anche se fin da ragazzino, proprio ad Asti, per le persone incontrate e per l'ambiente stesso, posso dire di essere stato fortunato. Il miglioramento sociale, poi, non può diventare una nostra utopia :
i problemi sono noti, forse sarebbe meglio incominciare a fare , più che a parlarne e basta.
Giacca e cravatta sulla camicia in tinta, riparte, Giancarlo Antognoni, per avere successo con lo stile della persona perbene nel mare magno del calcio mercato. Ed anche qui sembra nato per dare l'esempio , misurato, discreto,moderatore, in una fermezza di carattere e di comportamenti che l'agiografia del suo tempo non gli aveva mai attribuito cercando di farlo apparire soltanto come uno bravo con i piedi.